OFS Piedigrotta

 

PELLEGRINAGGIO A MANOPPELLO E LANCIANO

 

 

Nello scorso mese di settembre è stato effettuato, dalla nostra fraternità, un pellegrinaggio nei due Santuari abruzzesi di Manoppello e Lanciano per una preghiera sulle reliquie del Volto Santo e del Miracolo Eucaristico.

 

La prima tappa, dopo un viaggio lungo ma confortevole, è stata a Manoppello, ai piedi della Majella, a 217 metri sul livello del mare, in una posizione geografica particolarmente felice, che favorisce il contatto in breve tempo sia con le zone marine che con quelle della più alta montagna.

Il "manoppio", piccola quantità di grano capace di esser contenuta tutta in una mano, che campeggia sullo stemma del paese, sembra confermare l'etimologia del nome Manoppello risultante dalla contrazione del termine manus col tema plene per significare "mano piena".

Proprio qui, quasi dimenticata da oltre 400 anni, nella Chiesa del Monastero dei Frati Cappuccini, si trova la Veronica, ossia la vera icona, il velo su cui sarebbe rimasto impresso il volto di Gesù.

Un’antica leggenda, riportata dagli apocrifi Atti di Pilato (sec. VI), narra che la pia donna, che asciugò il volto di Cristo lungo il tragitto verso il Calvario, recatasi a Roma, lasciò la sacra Reliquia a San Clemente. La Veronica, nome che indica sia il panno che la protagonista dell’evento miracoloso (e che è la deformazione lessicale di vera icona - vera immagine con cui nell’alto Medioevo si indicavano gli acherotipi di Cristo), divenne, con il primo Giubileo del 1300, una delle mirabilia urbis che i pellegrini visitavano in San Pietro. Numerose descrizioni parlano di un velo sottilissimo che reca impresso su ambedue i lati un Volto incorniciato dai capelli, asperso di sangue, ma di persona viva e con gli occhi aperti. Della Veronica romana, divenuta celebre in tutta la Cristianità, si perdono le tracce dopo il Giubileo del 1600, proprio quando si diffonde la venerazione del Volto Santo di Manoppello.

Come ci racconta la tradizione ed anche come ricordato da alcuni documenti scritti, la reliquia giunse a Manoppello nel 1506 portata da uno sconosciuto pellegrino scomparso, senza lasciar traccia dopo aver consegnato il velo al fisico Giacomo Antonio Leonelli.

Nel 1638 i cappuccini vengono in possesso di questa reliquia.

Per circa quarant'anni non fu oggetto di culto pubblico, ma custodito quasi privatamente in una nicchia a lato destro dell'altare maggiore. Solo nel 1686 viene costruita nel lato sinistro della chiesa una piccola cappella con un altare ove si trasloca la sacra reliquia e viene introdotta la festa liturgica del 6 agosto, giorno della Trasfigurazione del Signore.

Il Volto Santo è un tenue velo di semplice tessitura delle dimensioni di cm 17 x 24. Su di esso vi è l’immagine di un volto maschile con capelli lunghi e la barba divisa a ciocche. L’unicità di questo velo è il fatto che risulta, e solo quando illuminato, perfettamente ed identicamente visibile da ambedue i lati. Le guance sono diseguali, l’una più arrotondata dell’altra, si mostra considerevolmente rigonfia.

Sul velo non sono riscontrabili residui di pigmenti di colore

Le più recenti indagini scientifiche  hanno dimostrato che il Volto Santo di Manoppello ed il volto sulla Sacra Sindone, conservata a Torino, sono identici e perfettamente  sovrapponibili.

 

Dopo un buon pranzo ed una sosta a Chieti, dove è stata molto interessante una visita alla Cattedrale di San Giustino, abbiamo, in serata, raggiunto Lanciano.

Lanciano, deliziosa cittadina le cui origini si perdono nel mito, è celebre e conosciuta per il grande Miracolo Eucaristico custodito nel complesso monumentale di S. Legonziano – S. Francesco. 

La Chiesa di S. Francesco fu edificata nel 1258 al posto di una precedente, risalente al VII secolo e dedicata ai Santi Legonziano e Domiziano. L'interno è stato recentemente ripulito dai rimaneggiamenti barocchi ed è tornato alla pulizia delle linee originarie. Sull'altare maggiore si possono vedere le reliquie del Miracolo Eucaristico.

Intorno al 700, a Lanciano si è verificato, infatti, il primo Miracolo eucaristico che la storia della Chiesa cattolica ricordi. Il racconto ci è stato tramandato da una pergamena del XV secolo: vi si narra che, durante una funzione religiosa nella chiesa dei Santi Legonziano e Domiziano, il monaco basiliano che officiava il rito dubitò della presenza di Cristo nell'eucarestia. Accadde allora che l'ostia divenne carne ed il vino si tramutò in sangue.

Le Reliquie, oggi come oggi, consistono in cinque gocce di sangue coagulato e in una sottile membrana di carne circolare. Le prime erano vino diventato Sangue, l’altra era l’Ostia magna, trasformata in carne.

L'Ostia-Carne, come oggi si osserva molto bene, ha la grandezza dell'ostia grande attualmente in uso nella Chiesa latina, e' leggermente bruna e diventa tutta rosea se osservata in trasparenza.

Il Sangue e' coagulato, di colore terreo, tendente al giallo-ocra.

L'ostia di carne ed il calice con i cinque grumi in cui si è rappreso il sangue sono oggetto di pellegrinaggio da parte di centinaia di migliaia di persone ogni anno. Queste reliquie sono state analizzate più volte da autorevoli scienziati. Gli ultimi esami, a cura del prof. Linoli, primario degli Spedali Riuniti di Arezzo, incaricato dalla Curia, risalgono al 1971 e 1981.

L’esame istologico, documentato da una serie di fotografie al microscopio, ha permesso di accertare che  il Sangue e la Carne del Miracolo di Lanciano appartengono alla specie umana, hanno il gruppo sanguigno AB e non sono mai stati trattati per la conservazione. Il tessuto della Carne appartiene al cuore, di cui sono presenti gli elementi costitutivi quali il miocardio, l’endocardio, il nervovago e parte del ventricolo sinistro.

Le reliquie  sono conservate in un calice di cristallo di rocca, contenente il vino tramutato in sangue, sovrastato dall’ostensorio di argento in cui è conservata l’ostia tramutata in carne.

Per una esatta informazione sulla dimensione che Lanciano attribuisce al Miracolo eucaristico occorre aggiungere che la storia della città vanta un secondo prodigio in questo ambito. Le cronache, infatti, narrano che nel 1273 padre Agostino de Merulis fu testimone, nella chiesa di Sant’Agostino, di un evento miracoloso analogo a quello avvenuto nell’VIII secolo.

La commozione, la gioiosa serenità di spirito e la devota vicinanza alla “Carne – Cuore” di Cristo Gesù ci hanno segnato, tutti, così profondamente da rendere incacellabile quest’incontro.

 

E per tale opportunità ringraziamo il piccolo grande fra Egidio per aver organizzato in tutti i dettagli e con l’usuale bravura e modestia il viaggio di tanti pellegrini. Ed ancora ricordiamo la guida spirituale del nostro carissimo padre Giacinto che ci è stato vicino in tutti i momenti ed infine un grazie per aver potuto incontrare ed incominciare a conoscere padre Francisco Lopes, giovane cappuccino brasiliano  arrivato in Italia, per studiare presso la Pontificia Università Salesiana a Roma e prima brevemente ospitato presso i frati cappuccini del Convento al CVE.

 

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Genny Masoni Masturzo